“Ecco, proprio ora germoglia”
“… e il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro all’imbrunire” (F. Battiato, Prospettiva Nevskij).
Esercizio difficile, delicato, paziente, che chiede saggezza, allenamento, avvertenza, quello di saper trovare nei momenti difficili il brillare rapido della novità che verrà. Quello che stiamo vivendo è un po’ un tempo di fatica e lo è un po’ in tutti gli ambiti della vita sociale e comunitaria, non servono esempi. E così occorrono servitori discreti, spesso invisibili al mondo, che con i loro occhi e con le loro mani, prima ancora che con il cuore e la mente, sappiano dare credito ai germogli di novità che stanno spingendo sotto la corteccia del quotidiano.
Noi crediamo che il sogno dell’AC sia anche questo, formare persone che sappiano vivere la loro fede come sentinelle che intravedono la novità arrivare; sentinelle che sentono il peso del turno di notte, ma che si commuovono di fronte ai primi segnali dell’alba. E li sanno annunciare.
Per questo il prossimo Laboratorio della Formazione, che si terrà domenica 6 aprile dalle 15.00 alle 18.00 presso la parrocchia di Nostra Signora di Lourdes a Piacenza (Via Damiani, 6), sarà proprio dedicato a questo tema: essere Azione Cattolica in questo tempo.
Ecco la lettera di invito che è per tutti, in particolare per i Presidenti, i Resposnabili e gli Educatori parrocchiali.
I germogli bisogna scorgerli.
A volte è l’allenamento paziente, a volte la determinazione costante, a volte l’affidarsi alla Grazia.
Di sicuro occorre “Coscienza”, una cosa così insondabile che un Papa ha chiamato “il sacrario dell’uomo” e di cui padre Turoldo ne canta così.
VENGA PURE
E venga pure. Ma facciamo l’accordo.
lo rinuncio a quell’ora estiva dell’alba
quando luce rossa precede il sole
e si stende per le vie solitarie del borgo
ancora fasciato di silenzio.
Io non ti dico, non dico a nessuno
la gioia che godo: una gioia
da valere una vita;
né ti dico, Dio, i pensieri
che penso e l’amore
che sento per tutte le creature
in quell’ora.
Tu non sai, perché non sei un essere umano
non sai cosa sia una tale rinuncia,
dirsi: ecco, domani
non ci sarò più,
domani questi occhi
non vedranno più sorgere
il sole.
E rinuncio anche alla sera
a non vedere più la stessa luce
distendersi nella valle e sul fiume.
Rinuncio, come da sempre, agli incontri,
alla gioia di sentire un cuore
battere nella tua mano
e accogliere in silenzio confidenze
che non si dicono a nessuno,
la gioia di sentirsi vivi
e di donarsi e tacere:
di donarsi in nome di tutte le creature.
E avere occhi di bimbi
e mirare le stelle.
Tu non sai cosa vuol dire essere
amanti, la sera. Oh,
non tanto per gli amplessi
affannosi e mortali,
ma per il sogno
e il desiderio infinito di attendere,
e disporsi a offrire, e ancora
sognare di offrirsi
in attesa. Questa
è questa l’immagine di nozze
che celebreremo, Signore.
Questo è varcare la soglia, quando
i raggi obliqui feriscono la siepe
(ho scritto) nell’ora
del Serafino, e di Francesco, e Chiara:
l’ora delle tortore che tubano e non sanno
l’ora dei colombi sopra la torre
che sospirano e non sanno
quando perfino il lupo e la volpe
sono in amore.
A una cosa non rinuncio, Signore:
a non dover essere più «Coscienza»,
terra che pensa e ama e adora,
poiché senza, nulla vi è
che abbia un senso,
nulla dell’intera creazione:
non la luce e i colori
e gli spazi e il tempo;
e tu stesso privo di senso,
mio Dio: per te non rinuncio.
Se questo è il male che mi serbi
già da ora ti dico
che non ti perdono: è per te
che chiedo di essere
questa eterna tua
indistruttibile Coscienza.
Altro non chiedo. Ora
che l’accordo è fatto — suppongo —
venga pure! Anche se
continueremo a lottare,
mio Signore.
21 luglio 1983
(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988” – pag. 601)