La storia di Resy

La storia di Resy non è solo composta dal tempo trascorso ma da tutte le persone che per almeno una volta hanno fatto l’esperienza di un campo associativo in questo magnifico posto.

Resy è stato scoperto dagli amici della FUCI nel lontano 1969 e poi, piano pino è diventata la nostra casa dell’estate; per parecchio tempo i Campi associativi sono stati ospitati dal Rifugio G.B. Ferraro fino a quando, negli anni ’80, l’Associacione diocesana ha fatto lo sforzo lugimirante di acquistare due parte delledificio che componeva il vecchio rifugio per farle diventare il luogo delle nostre vacanze. Inoltre, a queste due parti, è stata anche aggiunta la magnifica e storica baita Cime Bianche che fa sempre parte del complesso di Resy.

I volti, le storie, le esperienze, le preghiere, le gite, le cantate, le difficoltà, sono tutte le perle che formano questa splendida collana. Il filo che le tiene insieme, che a volte non appare ma è sempre solido e costante, è il desiderio, da parte dell’Associazione, di offrire la possibilità a tutti (bambini, ragazzi, giovani, adulti e famiglie), di fare un’esperienza di vita omunitaria in mezzo alla natura e nel clima di condivisione che solo un rifugio di alta montagna può offrire.

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Una risposta

  1. Angelo ha detto:

    Don Eliseo Segalini scrisse quanto segue: e fu
    Redatto sul FILO AnnoXII n°15 del 15/06/2000

    Il Rifugio Ferraro l’ho visto la prima volta nel 1965, da una fotografia di una vecchia guida CAI, mentre con gli studenti universitari della FUCI Piacentina cercavamo un luogo particolare per passare insieme dieci giorni di vacanza estiva in montagna.
    La descrizione invitante di qualcuno che c’era stato, ci orientò per Resy (Alta Val d’Ayas ai piedi del Monte Rosa in Valle d’Aosta). Presi rapidamente gli accordi e quell’estate raggiungemmo S. Jacques in venticinque persone. Noleggiammo quattro muli per trasportare le nostre valigie e tramite l’unico sentiero esistente, si raggiunse Resy (dopo circa un’ora) a quota 2.066 mt. Il luogo, straordinariamente panoramico, ci apparve meraviglioso, unico, incantevole, adatto per questa “avventura”. Tuttavia l’estrema povertà del Rifugio si sperimentava con commenti quotidiani, poiché non esistevano servizi igienici interni, docce, acqua calda, telefono e quant’altro. Ricordo che aspettavamo il quotidiano ritorno della “Gina”, ovvero la mula che ogni giorno scendeva in paese per le provviste e ritirare la posta. Governava il rifugio la nonna di Rinaldo, un’attempata ma energica signora che passava gran parte del suo tempo al canale per lavare le lenzuola. Terminata quella prima vacanza, con Lei ci accordammo, prospettando una metodica presenza negli anni successivi, solo se avesse provveduto nel darci la possibilità di lavarci con l”acqua calda, fare la doccia, e che costruisse almeno un servizio igienico interno al Rifugio. I lavori effettivamente furono fatti, e negli anni a seguire frequentammo Resy metodicamente con studenti universitari e liceali. Ogni anno lassù, per queste vacanze estive comunitarie in montagna con gite “guidate”, come indicato nei nostri opuscoli informativi.
    Tutti insieme, Lassù si viveva un’atmosfera unica, particolare, indescrivibile.
    Celebravo la Messa per quanti lo desiderassero, si facevano le serate, ma direi che tutto era principalmente scandito dalla vita di montagna e le quotidiane gite fra i monti con ogni tempo. Uscite di mezza giornata, poi una, poi due giorni consecutivi di cammino progressivo in durata ed altitudine. Erano acclimatamento alla quota ed allenamenti fisici necessari, poiché tutti volevano arrivare al “battesimo dei 4.000 metri” sulle cime dei ghiacciai del Monte Rosa. Non eravamo provvisti di specifiche attrezzature alpinistiche adeguate come corde, piccozze e ramponi che si provvedeva a noleggiare. Minimo occorrente per assicurarci in cordate, ed affrontare la paura nonché garantire un minimo di sicurezza nel camminare sui ghiacciai; mentre per gli indumenti come cuffie, guanti, calzettoni e ghette ci si industriava con surrogati che al momento non oso descrivere. Rammento un anno che, per accontentare tutti i presenti, feci due volte in una settimana il percorso Resy-Castore. Non ho tenuto il conto, ma, ad oggi (NdR anno 2000), sicuramente alcune centinaia di baldi giovani hanno fatto con me i quattromila.
    Una prima importante svolta al soggiorno presso il Rifugio Ferraro, è venuta quando nel 1976 divenne una costante sede dei campi estivi dell’Azione Cattolica Piacentina. Si allargò considerevolmente il numero dei partecipanti e chiedemmo altre docce, nonché servizi e spazi più ampi per noi. Fu in questo periodo che Rinaldo, diventato ormai il responsabile del Rifugio, si attivò per numerose modifiche alla struttura. Ridimensionò altri gruppi che venivano prima di noi, e rinunciando al bar interno, ci fornì l’attuale cappellina con l’altare ricavato dalla antica macina granitica del mulino del villaggio.
    Resy. Un caratteristico villaggio storico creato dai Walser nel 1200. Era un paesino costantemente abitato da una trentina di famiglie fino al 1930 circa.
    L’alta frequenza di noi piacentini si veniva a scontrare con le legittime esigenze degli alpinisti di passaggio che avevano pure la necessità di trovare un posto in rifugio; quindi capitava frequentemente di vedersi arrivare qualche straniero in camera per usufruire di un posto letto libero.
    A Piacenza ogni anno le prenotazioni richiedevano sempre posti in più. È per questa ragione che il 4 Settembre 1984 si acquistò la Baita Cime Bianche attraverso la Cooperativa Manfredini. In qualche anno, questo rese possibile a Rinaldo una nuova distribuzione e gestione degli spazi all’interno della struttura Rifugio Ferraro. Una parte quindi adibita a Rifugio vero e proprio che Rinaldo gestiva per alpinisti di passaggio, provvista di cucina, bar e posti letto. Noi in breve tempo potemmo arrivare ad autogestirci in toto ed usufruire di una cucina alla piacentina, sistemandoci in quella parte del rifugio che avremmo utilizzato in via esclusiva.
    Rammento anni straordinari e fecondi, con presenze numerose di giovani e famiglie, in questa esperienza di vita comunitaria, con pieno utilizzo del fattore Montagna quale solido riferimento. “Ho capito perché venite così volentieri a Resy”, disse il Vescovo Manfredini dopo aver trascorso una giornata con noi in gita al Pian di Verra.

    ll mutato contesto legislativo circa le norme di igiene e sicurezza, si fece più esigente anche nei luoghi di soggiorno di alta montagna e così abbiamo avviato i lavori indispensabili di adattamento per un miglioramento funzionale e gestionale autonomo. Proprio per lasciarsi più liberi in questi lavori, Rinaldo ci ha offerto l’acquisto della parte in uso. Con notevole sforzo finanziario, il 30 dicembre 1992, fu acquistata quella parte di rifugio che utilizzavamo da anni. Abbiamo ulteriormente allargato i servizi interni e le docce, abbiamo risistemato cucina e sala da pranzo per lasciare la grande sala allora esistente, ad uso esclusivo dei momenti comuni come incontri, serate, preghiera, gioco.
    Una carrabile consente oggi di arrivare a Resy in fuoristrada!
    I tempi sono cambiati, le persone sono cambiate, anche Resy è in parte cambiato. Mi capita di incontrare spesso, tanta gente che è stata a Resy in tutti questi anni e ne parliamo volentieri. Lo ricordano come un luogo dove la natura è ancora intatta, dove è faticoso arrivare, ma poi ti aiuta a guardare le cose dall’alto.
    Dove l’amicizia ha potuto esprimersi intensa, gioiosa, pulita. Dove si è meditato e pregato in maniera unica. Dove si sono fatte lunghe “chiacchierate” indimenticabili fino a tarda notte. Dove il prendere il sole gustando il mormorio delle acque ti rimane sotto pelle. Dove il ricordo delle grandi gite, vincendo fatica e la paura, suscitano sempre emozioni uniche che fanno sentire un poco diversi da chi non ha potuto o saputo osare le altezze in cordata.
    Mi accorgo di aver fatto il racconto del nonno. Resy però non è una favola. Centinaia di giovani a Resy si sono riconciliati con la propria umanità; hanno maturato scelte di Amore. Sono stati aiutati a vedere in grande il loro futuro.
    Dicevano che Resy è un po’ il Tabor per chi ci arriva, io dico a Te che leggi ora: “è certamente ancora una stupenda palestra di qualità da sperimentare”.

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