Il saluto della Presidente

Incipit

Cosa mettere a tema all’inizio di questo anno che inizia?

Non possiamo non partire da noi stessi. Ho imparato, anche in questo servizio ecclesiale, che occorre ascoltare la propria inquietudine. Imparare ad ascoltare il disagio e lo spaesamento che ci coglie, che ci ha colto di fronte ad un insuccesso, un dolore, una perdita, uno smarrimento. Di fronte ai molti problemi e alle tante difficoltà per cui ci sentiamo inadeguati. La fatica più grande che a parer mio ci tocca di fare è tenere insieme i pezzi della nostra esistenza. Questo è impegno di tutti i giorni: quante fatiche ed energie richiede! In questo modo con docilità e umiltà evitiamo che l’esistenza, la nostra esistenza, assuma l’aspetto di una cosa già vista. Questo servizio ecclesiale in AC ci costringe ad entrare e uscire da noi stessi :  entrarvi per farci carico della complessità , del discernimento tra diritti e doveri, tra istanze e valori, tra l’essenziale irrinunciabile e il faticosamente sacrificabile. Ma anche uscire da noi stessi  per non soffocare , per cercare in un Altrove  respiri  di libertà e di misericordia. In questa cosa bella che è l’Azione Cattolica per noi ci sta dentro la nostra vita: dolori, gioie, fatiche , dubbi, emozioni, entusiasmi, successi, traguardi, perdite. Ci sta dentro il nostro futuro.

Ma la fede ci aiuta anche a staccarci da una lettura solo umana e lamentosa dell’oggi e a guardare i fatti in cui  Dio si è manifestato: non con potenza di fuoco ma con la delicatezza dell’incontro e la tenerezza dell’amore. L’estate ha visto circa 120 ragazzi e giovanissimi impegnati , felici e appassionati, nei campi di Resy. Non è meraviglia questa? Nelle settimane scorse alcuni nostri cari amici, fratelli e sorelle nella fede, si sono sposati. La meraviglia del cammino compiuto, delle storie che si intrecciano, dell’amore che scrive nella vita: è contemplare l’opera di Dio. Inoltre qui a  Veano  qualche giorno fa la ripresa delle due giorni Giovanissimi ci ha permesso di sperimentare ancora e sempre che se osiamo, se ci buttiamo , se la proposta è trasparente e alta il Signore lavora nella vita dei ragazzi. Abbiamo sperimentato con stupore e riconoscenza attraverso l’incontro di un caro amico che vive lontano che i legami buoni non si sfilacciano nei giorni e nei chilometri  anzi si rafforzano nel tempo e nella consapevolezza. E poi è arrivata Teresa!

Non sono le circostanze che rendono le persone sante. Sono i santi che modificano le circostanze.

Le coordinate storiche di un santo non sono altro dalla sua santità; perché queste si intrecciano con la sua vita, e il contenuto appare nella sua luminosità proprio sullo sfondo delle problematiche che egli deve affrontare. E allora occorre chiederci : quali sono le nostre?

Crisi economica. Ciò che appare a tutti è che non ce la facciamo più come prima. Ci sono molti che fanno fatica, più fatica e tanti che sono costretti a rivedere i propri comportamenti, le proprie scelte e le proprie speranze. Questo è un bene , fino ad un certo punto. Se fosse segno di un percorso virtuoso di consapevolezza collettiva, se fosse spalmato su tutti gli strati della popolazione, se non fosse indice di profonde ingiustizie.

Di sistema. Siamo al collasso , speriamo non violento, di un  sistema che ha funzionato dal dopoguerra in poi. Istituzionalmente vediamo che troppe funzioni non funzionano più, che i meccanismi di funzionamento della convivenza civile (e anche ecclesiale ?) sono inceppati e insieme alla incapacità di immaginare una svolta sperimentiamo l’insufficienza delle energie buone.

Di valori. Troppo facile scagliarsi su questo tema. Limitiamoci a prendere atto che l’indifferenza, l’apatia, la non risposta verso appelli, proposte, inviti che a volte frustrano anche le nostre attività, altro non sono che difese ad oltranza, chiusure e ricerca di un ambito ristretto dentro cui non sentirsi assediati. Però occorre anche rilevare che la crisi di valori è crisi di umanità “Per grazia di Dio, non viviamo in campi di concentramento e di sterminio; ma le forze che tendono a disumanizzare l’uomo sono quanto mai attive: le riconosciamo in tutto quanto anestetizza la coscienza dell’uomo e rende banale la vita proponendole traguardi insulsi; tutto ciò che riduce l’esistenza a sesso e possesso; tutto ciò che mortifica il desiderio sincero di verità nel cuore dell’uomo. Sembra si provi uno strano piacere a infangare l’immagine dell’uomo, a ridurre la sua anima a riflessi meccanici, a degradare mete e desideri del suo cuore. Ebbene, siamo chiamati a proclamare, difendere, curare, arricchire l’umanità dell’uomo; a difendere l’immagine di Cristo che ogni uomo porta dentro di sé.”

Di fede. Ecco Papa Benedetto ha scavato al fondo di tutte queste crisi e ha indicato nella crisi della fede il centro, il nucleo di tutti i problemi: perché il problema è l’appannarsi della fede nell’esperienza delle nostre comunità, dei nostri cammini, delle nostre personali dimensioni di vita. Allora occorre andare alle radici, trovare la docilità di rimetterci in moto, di lasciarci interpellare, di, in una parola, CONVERTIRCI, e di trovare modi e tempi per lasciare che la potenza del Vangelo trapeli dalle nostre deboli parole.

È un compito nostro , da cui non si può prescindere: nessuna delle iniziative, delle parole, delle azioni che compiamo come Responsabili di Ac possono tradire il nostro prioritario e fondamentale impegno di conversione personale. Vivremo anche quest’anno dei momenti in cui saremo meno trasparenti che in altri, in cui saremo sbiaditi e stanchi ma la grazia di stare in questo servizio di responsabilità associativa  è questo: che siamo docilmente costretti a  fare sul serio, a non vendere fumo, a non arretrare. E a continuare a chiederci come Paolo “Sono più vicino oggi alla salvezza di quando ho iniziato a credere?”

Dio ci chiama non nonostante questo, ma dentro tutto questo

La signoria di Dio

Questo è il nucleo del nostro stare in piedi. Servire l’essenzialità della fede è la scelta religiosa dell’Azione Cattolica. La fede non è credere vagamente che Dio esiste , ma che Egli ha un piano sulla storia. E il piano ci precede : in un’ottica di obbedienza si entra nel piano come servitori. Ci sono alcuni strumenti che come associazione ci diamo: non perché tutti facciano tutto e tutti insieme, ma perché un buon numero di noi siano stimolati ad esserci e condividano alcuni gesti importanti

Adoro il lunedì

Riproponiamo questo segno semplice ma fondamentale che è nostro ma mutuato da una scelta nazionale. Trovarsi per un’ora di adorazione di fronte al Santissimo una volta al mese, il primo lunedì di ogni mese, ridice la nostra decisione di stare sotto lo sguardo benevolo e misericordioso di Dio. Lo facciamo insieme, nella Chiesa Cattedrale. Lo facciamo in modo libero e aperto a tutti. Vorremmo che fosse presente a tutti questa possibilità. Vorremmo che fosse praticata anche da chi per lontananza è impossibilitato ad esserci. Ma è troppo chiedere che ad ognuno degli otto appuntamenti ci sia sempre qualcuno delle parrocchie della città?

Gli esercizi spirituali

Quando, alcuni anni fa, si riproposero con più forza sembrava un’opzione troppo rigorosa. La bellezza e la consolazione che ne derivano a chi in questi anni ha ri-sperimentato la partecipazione agli esercizi ci fa dire che sono davvero momenti di grazia. Le esperienze diocesane  proposte sono esigenti. Ma non cediamo alla tentazione di abbassare la guardia o di delegare a qualcun altro

La cura della spiritualità: oasi, ritiri, momenti di preghiera personale e comunitaria. Ci sollecitiamo a porre in questi aspetti la più attenta cura. Che non sia la superficialità, la sciatteria, la meccanicità a sciupare i momenti prettamente religiosi della vita associativa. Un richiamo importante lo facciamo all’ascolto della Parola di Dio, davvero fonte di grande grazia e dell’esemplare pedagogia di Dio verso di noi: “Questo primato dell’ascolto della Parola sull’eccitazione dei nostri progetti rivoluzionari, ci arrivò – in un primo momento – come una pie­tra lunare. E poi, poco a poco, si fece domestica. Incominciò a insegnarci la differenza fra la paura e la fede. Fra il giudizio degli uomini e il giudizio di Dio. Fra la stizza per il nostro sentir­ci abbandonati ai giochi delle poten­ze mondane, e la conquista di una in­domabile determinazione a custodi­re la fede che vince il mondo. Aman­dolo, persino. Di fronte alla persuasi­va suggestione di questa fiducia in­crollabile nella Parola di Dio, alcune coscienze stravolte dalla convinzione di dover consegnare all’odio e alla vio­lenza la regìa di una storia diversa, consegnarono – letteralmente – le ar­mi. E molti, che avevano archiviato lo smarrimento di Dio, imparando a convivere con il vuoto, si persuasero di poterne parlare di nuovo.” (P. Sequeri su C. M. Martini)

Dentro una realtà locale in cambiamento

Dentro l’impianto associativo il progetto “Sui sentieri di Isaia” significa progettare e sperimentare percorsi di formazione socio-politica, di accompagnamento delle persone impegnate nelle istituzioni e di educazione alla cittadinanza che sappiano interpretare e rispondere alle istanze del territorio alla luce del Magistero sociale della Chiesa. Dal Concilio e dai suoi grandi interpreti l’AC ha fatto proprio l’amore per la storia. La parola “discernimento” è diventata famosa proprio come una cifra caratteristica dell’ insegna­mento del card. Martini. Una delle grandi grazie che il Concilio ci ha consegnato è stato quello di aver fatto comprendere alla Chiesa che il mondo , prima che giudicato o messo in quarantena perché da lì viene il male, va soprattutto amato, come Dio l’ha amato.

Su tre fronti ci proponiamo di lavorare quest’anno.

Formazione in percorsi di accompagnamento spirituale per le persone impegnate

“Paolo VI insegnava che la politica è una forma esigente di amore; e intendeva dire che l’impulso sano a occuparsi di politica può nascere solo in un cuore che sappia amare, che desideri sinceramente migliorare la condizione degli altri e che, per questo obiettivo, sia disposto a pagare un prezzo personale, anche elevato; altre motivazioni sarebbero improprie e finirebbero per creare ambiguità e danni” (L. Monari alle esequie di Martinazzoli). Questa proposta consisterà in momenti di meditazione e silenzio , dedicati, cui saranno invitati i politici, gli amministratori, le persone impegnate nel civile e nel sociale per non farle sentire sole nell’impegno e per dire loro che è importante ciò che fanno ma è anche esigente.

 

Da giovani con i giovani

 

Un’attenzione verso il mondo giovanile, sul versante autoriflessivo ma anche oggettivo.

Intuiamo che siamo di fronte a mutamenti epocali; che non bastano aggiustamenti più o meno furbi; che deve cambiare il modo stesso di pensare alla convivenza umana; che dobbiamo diventare responsabili verso le generazioni future, cosa che non abbiamo certamente fatto negli ultimi decenni. C’è una sfida complessa che i giovani debbono affrontare; per questo loro, i giovani, hanno bisogno di persone credibili che li stimolino, che facciano loro intravedere la possibilità e la bellezza di una politica fatta di intelligenza, di sincerità, di coerenza, di passione per l’uomo. Questo sarà un laboratorio di confronto e ascolto aperto e “a ponte” tra il Settore Giovani e gli Adulti

Settimana sociale : la famiglia e le politiche famigliari.

A ottobre 2013 a Torino la settimana sociale nazionale sarà incentrata su questi temi. Non vogliamo far mancare il nostro contributo di riflessione e partecipazione nel preparare a livello diocesano l’evento in  collaborazione con l’Ufficio di Pastorale sociale. In particolare vorremmo declinare il tema al femminile e in un’ottica ampia , culturalmente ampia. Nelle iniziative che stiamo pensando di mettere in cantiere poi rientreranno diverse modalità di linguaggio e di partecipazione.

Un bene prezioso: essere associazione

La cura dei responsabili educativi e associativi : Laboratorio della formazione.

La chiesa diocesana propone nell’arco dell’anno quattro  Lectio Magistralis sui documenti conciliari. Ci è sembrato di poter mettere a disposizione la nostra “esemplarità formativa” offrendo un percorso di declinazione di quelle Lectio in laboratori pastorali. In quattro domeniche pomeriggio successive alle Lectio i responsabili associativi ma anche tutti gli operatori pastorali che lo riterranno, si troveranno a condividere e costruire sulla base dei contenuti ascoltati, dei percorsi , delle scelte , delle consapevolezze pastorali calate nei contesti di oggi.

Accompagnamento : i legami buoni dell’AC.

Non è altro che il farci visita, (come Maria ad Elisabetta) e tenerci insieme. Un regalo alle nostre personali e comunitarie povertà e ricchezze. I consiglieri diocesani , a due a due, incontrano le parrocchie per tessere legami, conoscersi, aiutarsi, arricchirsi. Abbiamo tanto da imparare a vicenda in fatto di stile di rapporti fraterni. Essere lieti per le gioie degli altri e soffrire insieme alle fatiche altrui. La comunione , anche tra parrocchie o comunità diverse , è questo. Condividiamo questo stile con i nostri fratelli sacerdoti.

Festa diocesana unitaria.

A metà del triennio associativo vogliamo condividere un bel momento di festa; composto da vari tasselli, ognuno importante e significativo. Il 3 febbraio prossimo la Festa Diocesana sarà a Piacenza per tutti gli aderenti dell’Azione Cattolica ma aperto a tutti. Si comporrà di vari tasselli – meeting della Pace Acr, consegna del Riconoscimento Stefania Rossi, spettacolo Teatrale “Vangelo” al teatro Municipale – e sarà occasione per rafforzare e ribadire il nostro essere associazione.

Dentro la nostra Chiesa (così com’è)

Nel secondo anno, si accentua la dimensione della accoglienza del dono della comunione, che nasce da un atteggiamento di fiducia nella Chiesa. La dedizione alla Chiesa locale, in particolare, è alimentata da un senso vivo di corresponsabilità, attraverso il quale le risposte alla chiamata del Signore diventano il «noi» che ci trasforma in comunità. È in questa dinamica relazionale che la Chiesa diventa una casa abitabile. Occorre, allora, mettere al centro della riflessione associativa il tema della pastorale ordinaria delle Chiese particolari, per educarci a cogliere i profondi mutamenti che investono il territorio come rinnovate occasioni per far incontrare il Vangelo con la vita della nostra gente.

Stare nella Chiesa così com’è oggi significa più che mai con libertà ma anche con obbedienza “in piedi”, stare accanto ai nostri Pastori: parroci, assistenti, vescovi e su fino al Pontefice.  “In uno dei ricordi più dolci dell’infanzia ci sono papà e mamma inginocchiati vicino al mio letto e, prima che il sonno prevalga, sento le parole di una delle loro preghiere della sera: Oremus pro pontifice nostro Ioanne… da allora abbiamo pregato per Paolo, per Giovanni Paolo, e, oggi, per Benedetto; abbiamo amato e amiamo il Papa non perché, come disse una volta papà, si chiama Giovanni o Paolo, ma perché si chiama Pietro. (G. Bachelet)

Vogliamo coltivare nelle convinzioni e nelle prassi che la diocesanità è un  valore, una cosa buona che va consolidata, fatta crescere e accudita. I campanilismi, le chiusure, gli auto centrismi sono quanto di più sterile oggi possiamo coltivare. C’è una qualità di proposta e di progetto che è garantita dalla dimensione diocesana e non svilita o dispersa da essa. Non sembri retorica questa affermazione. La deriva autonomistica delle nostre singole parrocchie o comunità, piccole e grandi che siano, è quanto di più pericoloso stiamo sfiorando in questi tempi pastorali.

Ma “La santa libertà dei figli di Dio” è una gran cosa! Non è un modo di dire! Coltiviamola ed educhiamo ad essa! “ “Il santo è la persona più libera e più creativa che ci sia: la persona che realizza la propria sovranità.”A me pare che negli ultimi secoli abbiamo insistito troppo sull’obbedienza e troppo poco sulla libertà. Troppo sull’essere servi, e troppo poco sull’essere figli di Dio, amici di Dio, esseri cioè divini. Mentre però l’obbedienza può essere un mezzo, e non sempre lo è, la libertà creativa è il fine della vita spirituale. “

Allora concludo queste note con il ricordo di un santo martire – non ancora ufficializzato tale – che in fatto di libertà ci ha dato una testimonianza luminosissima. Shahbaz Bhatti era un ministro pakistano, assassinato il 9 marzo 2011 perché dedicato da cattolico alla difesa dei deboli , al dialogo e alla convivenza pacifica nel suo paese. Dal suo testamento: “Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire.”

Torna l’immagine iniziale: in questo anno dedicato alla riscoperta della fede esercitiamo la virtù di saper leggere con sapienza e speranza i segni in cui il Signore si manifesta. Un credente non pretende dei segni; li sa leggere quando si manifestano. Che il Signore ci doni questa sapienza.

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